La struttura del MOA

La ratio della normativa di cui al D.lgs. 231/07 è quella di garantire che i soggetti obbligati, per conseguire la piena efficacia della regolamentazione antiriciclaggio, siano dotati di presìdi di carattere organizzativo. La Direttiva 2015/849 - IV Direttiva antiriciclaggio, impone l'adozione, da parte dei destinatari, di procedure oggettive, verificate e aggiornate per analizzare e valutare il rischio in relazione alle caratteristiche del proprio cliente, tenendo conto della natura e delle dimensioni della specifica attività svolta o dell'operatività richiesta. I destinatari devono attuare controlli e procedure idonei a gestire e mitigare il rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.

Il MOA è un sistema di controllo interno, ovvero un presidio organizzativo complessivo che svolge la propria funzione attraverso la gestione delle regole e delle procedure, i sistemi di deleghe interne e i flussi informativi continui le cui caratteristiche strutturali si sostanziano nella:

  • specificità: per la sua concreta aderenza alla complessità organizzativa, dimensionale e operativa dello Studio o della struttura aziendale;
  • dinamicità: per il costante aggiornamento in parallelo all'evoluzione della disciplina antiriciclaggio.

Le attività strumentali all'implementazione e realizzazione del Modello organizzativo antiriciclaggio attraversano due fasi prodromiche: la fase di chek-up e la fase di audit.

Nella fase di check-up, svolta con una serie di colloqui e interviste con il soggetto obbligato, vengono rilevate e acquisite tutte quelle informazioni necessarie a delineare un quadro di insieme della struttura dell'impresa o dello studio professionale: assetto organizzativo, aree di operatività, matrice delle deleghe interne, gestione dei flussi informativi, applicazione delle procedure antiriciclaggio (adeguata verifica, conservazione dei dati, segnalazione operazioni sospette e comunicazioni al MEF) e formazione del personale.

Nella fase di audit i consulenti effettuano una serie di controlli che hanno come obiettivo:

  • la valutazione dei rischi (risk assessment), attività funzionale alla calibrazione delle misure di presidio le quali saranno tanto più severe quanto maggiore sarà risultata l'esposizione al rischio teorico di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo;
  • la gap analysis, per verificare il grado di scostamento tra la procedura adottata dall'impresa o dallo studio rispetto a quella prevista dalla normativa;
  • la gestione e la mitigazione dei rischi (risk management);

Al termine dell'attività viene redatto un dettagliato piano di remediation denominato Audit Report diretto al superamento delle crtiticità emerse e, sulla base di quanto riscontrato dagli esperti, vengono proposte le soluzioni che più si adattano alle dinamiche organizzative dei soggetti obbligati e che dovrebbero essere necessariamente implementate all'interno del MOA.

Concluse le fasi di acquisizione informazioni e audit si procede alla realizzazione del Modello organizzativo antiriciclaggio che prevede:

  • una parte generale, nella quale si richiamano le caratteristiche del Modello, l'impianto normativo e le procedure previste dal D.lgs. 231/07;
  • una parte speciale, vero core del MOA, che descrive l'assetto organizzativo, le regole, le procedure e i protocolli interni da adottare (policy);
  • una serie di allegati, volti ad agevolare l'adempimento delle singole procedure.

L'efficacia del MOA dipende in larghissima parte anche dalla «sensibilità»del soggetto obbligato e dei propri collaboratori circa la ratio e i principi su cui si fondano gli adempimenti antiriciclaggio. E' pertanto fondamentale che a corollario del Modello venga approvato un dettagliato piano formativo calibrato sul ruolo e sulle responsabilità dei vari attori del presidio antiriciclaggio.

Gli interventi formativi sono curati dai consulenti che hanno supportato l'implementazione del MOA mediante sessioni frontali collettive, opportunamente integrate da un intensivo percorso di training on the job a favore dei dipendenti e dei collaboratori più direttamente coinvolti nel presidio antiriciclaggio.

Infine, previa intesa con il destinatario della normativa, potrà essere eseguita un'attivtà di follow-up con la finalità di verificare la corretta attuazione e applicazione delle procedure e dei protocolli descritti nel Modello.

L'adozione del MOA all'interno dell'impresa o dello studio professionale produce notevoli vantaggi in termini di:

COMPLIANCE: costituzione di un efficace presidio idoneo a dimostrare alle autorità competenti e agli organismi di autoregolamentazione che è stato adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire il rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo in conformità alla Direttiva 2015/849/UE.

TUTELA: rispetto al rischio sanzionatorio e reputazionale che il soggetto obbligato incorra in una violazione degli obblighi antiriciclaggio.

ORGANIZZAZIONE: realizzazione di un assetto in cui si postula che gli adempimenti antiriciclaggio siano adempiuti non in modo occasionale e disorganizzato ma, al contrario, sulla base di procedure strutturate, coordinate, governate con la piena consapevolezza dei rischi e sottoposte ad opportuni controlli interni e attività periodiche di revisione esterna.

PREVENZIONE: creazione di uno strumento di prevenzione, a livello di sistema, contribuendo a evitare che il soggetto obbligato possa essere impropriamente utilizzato per la realizzazione di operazioni di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.

COMPETENZA DEL PERSONALE: conoscenza e sensibilizzazione del personale dipendente, nonchè dei collaboratori, circa i fattori di rischio, gli obblighi, le procedure e le violazioni previste dal Decreto.

ESIMENTE: sia in caso di contestazione da parte delle autorità preposte, sia in caso di irrogazione dei decreti sanzionatori da parte del MEF o delle Autorità di vigilanza, considerando che il nuovo impianto sanzionatorio tiene anche conto dell'intensità e del grado dell'elemento soggettivo, avuto riguardo anche all'ascrivibilità della violazione alla carenza, all'incompletetezza o alla non adeguata diffusione di prassi operative e procedure di controllo interne (art. 67, comma 1, lett. g), D.lgs.231/07).

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